L’Italia è sotto la media dell’Unione Europea quanto a partecipazione alla formazione continua, ma quasi tutti gli indicatori sono in costante miglioramento: in estrema sintesi sono queste le evidenze principali che emergono dal XVIII Rapporto sulla formazione continua, il primo curato dall’Anpal.
Lo studio – relativo agli anni 2016-17 – è stato presentato questa mattina nel Parlamentino del CNEL a Roma, alla presenza delle parti sociali e del rappresentante del Coordinamento delle Regioni. Descrive e analizza le politiche a supporto della formazione dei lavoratori e delle imprese, finanziate in primo luogo dai Fondi Paritetici Interprofessionali e dalle Regioni stesse. Presenta anche dati di scenario e comparazioni a livello internazionale che si basano su fonti istituzionali quali Istat ed Eurostat, oltre ad approfondimenti su temi che orientano le politiche presenti e future in quest’ambito, come lo stato di avanzamento dell’European Qualification Framework o la raccomandazione comunitaria Upskilling Pathways.
Il rapporto sottolinea come – nonostante le criticità (riduzione di risorse e ridefinizione di norme e regolamenti che stanno impattando sui Fondi interprofessionali) – il sistema della formazione continua in Italia mostri segnali incoraggianti di riassetto e di rilancio.
Tra gli indicatori presi in considerazione c’è, ad esempio, il livello di fruizione della formazione da parte degli adulti (benchmark europeo misurato sui 25-64enni). Nel 2016 l’Italia è all’8,3%, rispetto a una media europea del 10,8%. Un gap ancora significativo, ma con un valore in salita rispetto al 2015 quando era sceso al 7,3%.
L’Italia sta inoltre vivendo una fase di recupero sia per numero di imprese formatrici (giunte al 60%), sia per livello di partecipazione dei lavoratori (il 46% considerando anche le imprese non formatrici), ma resta distante dal gruppo dei Paesi più virtuosi del Nord Europa e di alcuni del Centro Europa.
Positive le evidenze relative ai Fondi Paritetici Interprofessionali. Si registra infatti un aumento delle imprese aderenti che arrivano a quasi 950 mila. E sono ben oltre 10,6 milioni i lavoratori del settore privato che ne beneficiano. Per ciò che riguarda la distribuzione territoriale è il Nord a fare la parte del leone. Il 22,7% dei piani approvati per essere finanziati dai fondi (periodo gennaio-dicembre 2016) è infatti della Lombardia. Il 14,4% del Veneto. L’11,6% dell’Emilia Romagna e il 9% del Piemonte. Fanalini di coda Basilicata (1%), Molise (0,4%) e Valle d’Aosta (0,3%).
Dal rapporto emerge che “siamo indietro su quasi tutti gli indicatori. Ma che ci sono comunque elementi positivi – ha sottolineato il direttore generale dell’Anpal, Salvatore Pirrone – come, ad esempio, il gap che si riduce tra Italia e Paesi Ue negli investimenti in formazione da parte delle imprese. Altro elemento significativo: nel confronto con il resto d’Europa si è ormai chiuso il gap della percentuale dei lavoratori coinvolti in attività formative. Anzi, in questo caso, l’Italia ha addirittura superato la media Ue”.
Il presidente dell’Anpal Maurizio Del Conte ha invece messo l’accento su quanto sia importante che “il XVIII Rapporto sia anche il primo curato dall’Agenzia nazionale per le politiche attive. Rappresentazione plastica del fatto che la formazione continua è ormai diventata una chiave fondamentale per l’occupabilità”.
Del Conte ha pure aggiunto che “non è immaginabile un futuro dove, per l’Italia, si allarga ulteriormente la fascia del lavoro di bassa qualità. E allora pongo una domanda. Siamo pronti a mettere in discussione ciò che è stato fatto finora? E’ necessario creare un ecosistema in grado di coordinare i vari pezzi della formazione che sono presenti nel Paese, per evitare la sovrapposizione di interventi e ridurre lo spreco di risorse già scarse. E’ poi necessario sburocratizzare la formazione stessa e misurarne sul serio gli esiti reali”.
Fonte: ANPAL – Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro